La morte di Matteo Messina Denaro porta via con sé tanti segreti. Il boss non si è mai pentito e non ha mai spiegato diversi misteri.
Alla fine è morto e non si è mai pentito delle sue azioni. Matteo Messina Denaro è deceduto oggi per le conseguenze legate ad un tumore al colon al quarto stadio. Il boss di Castelvetrano si trovava nel reparto per detenuti dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila. Era stato arrestato a gennaio dopo 30 anni di latitanza. Il capomafia ha portato con sé nella tomba tanti segreti e misteri che ancora oggi restano irrisolti e senza una spiegazione.
Matteo Messina Denaro: i misteri portati nella tomba
“Io non mi farò mai pentito“. Erano state queste le parole di Messina Denaro al primo interrogatorio subito dopo l’arresto avvenuto a gennaio. E così è stato. Il boss ha portato con sé ogni segreto e mistero che conservava e lo ha fatto fino all’ultimo secondo, fino alla sua morte.
Tra i tanti misteri che il boss avrebbe potuto spiegare, per esempio, la ragione per cui, nel marzo del 1992, Totò Riina decise di cambiare idea sull’omicidio già programmato di Giovanni Falcone. Denaro, e altre giovani reclute, faceva parte del commando inviato a Roma con l’intento di trovare e uccidere il magistrato durante la settimana. Dopo una serie di appostamenti, però, il cambio di programma e di strategia con quella che fu poi la strage di Capaci.
Il defunto boss sa perché fu presa la strada delle stragi e perché venne portata avanti come strategia. Cosa nostra fu protagonista dei fatti in via dei Georgofili a Firenze e anche del tentato omicidio di Maurizio Costanzo a Roma. Poi ci fuorono le bombe di Roma e Milano che furono seguite da una riunione – sottolinea il Corriere della Sera – dove i mafiosi avrebbero dovuto far esplodere altri ordigni in varie città d’Italia e per le quali circolavano foto e depliant turistici. Quale fu la vera ragione di tale decisione strategica? Un mistero che Denaro non ha mai rivelato.
I documenti: dall’agenda di Riina a quella di Borsellino
E poi ci sono alcune “leggende”. Come l’archivio del “capo dei capi” Totò Riina che, nel giorno dell’arresto, sarebbe stato portato via dall’abitazione. Messina Denaro sarebbe stato l’ultimo custode di tutti gli appunti, dettagliati, dell’uomo.
Infine, ma non per importanza, discorso analogo viene fatto per la famosa agenda rossa di Paolo Borsellino di cui Messina Denaro potrebbe essere entrato in possesso. I documenti sparirono da via D’Amelio subito dopo la strage.
Eppure, quel documento non fu portato via da uomini della mafia ma da qualcuno, presumibilmente, vicino a Borsellino. Ma da chi? Domande, misteri e segreti che il boss si è portato definitivamente, nella tomba.